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18/03/2015

economia

I consumatori premono sull'acceleratore e la ripresa USA cambia marcia

Grant (Threadneedle): la liquidità derivata dal basso prezzo della benzina rappresenta un aiuto considerevole, cui si aggiungono gli investimenti, maggior credito e una buona ripresa immobiliare

Per moltissime istituzioni internazionali ed esperti di settore, gli Stati Uniti saranno la locomotiva per la crescita globale del 2015. Ma molti dati di settore, l'atteggiamento prudenziale della FED e la caduta del prezzo del greggio lasciano più di qualche dubbio. Ne abbiamo parlato con Nadia Grant, gestore azionario USA per Threadneedle Investments.

L'anno scorso abbiamo assistito a una crescita economica relativamente vigorosa negli Stati Uniti, ma a un rallentamento in altre regioni. Frattanto, i prezzi petroliferi si sono ormai dimezzati e il dollaro USA ha registrato un'impennata. Alla luce di tali sviluppi, quanto è sostenibile la ripresa statunitense e la dinamica di questa crescita ne sarà influenzata?

Riteniamo che la ripresa economica statunitense abbia una base ampia e prevediamo una crescita del PIL di circa il 3% nel 2015, il che dovrebbe creare un contesto molto favorevole alle azioni. A nostro avvio i consumi rappresenteranno circa i due terzi di tale espansione (circa due punti percentuali) in rialzo dall'1,6% del 2014. I consumatori statunitensi stanno traendo enormi vantaggi dal tonfo delle quotazioni petrolifere.

A gennaio un gallone di benzina costava in media 2,14 dollari e addirittura solo 1,80 dollari in alcuni stati, a fronte dei 3,50 dollari pagati prima del deprezzamento del greggio. Questa liquidità aggiuntiva disponibile rappresenta un aiuto considerevole per i lavoratori a basso reddito, che evidenziano una forte propensione alla spesa. Di conseguenza, il calo della benzina ha un impatto altamente stimolante sull'economia.
Secondo le nostre aspettative, gli investimenti incideranno sulla crescita complessiva per circa un punto percentuale, un livello più elevato rispetto all'anno scorso. Ciò può sembrare sorprendente alla luce dell'attenzione rivolta dai media alla rivoluzione dell'energia da scisti e della convinzione che l'investimento nel gas e petrolio abbia contribuito in misura significativa alla ripresa statunitense. Di sicuro molti investitori si chiedono se il calo dell'oro nero penalizzerà gli investimenti e quindi anche la crescita. Ma se è possibile che quello del gas e petrolio sia stato il segmento di investimento a crescita più sostenuta, va detto che solo l'8% degli investimenti complessivi è collegato a questo settore.

Inoltre, prevediamo un rapido incremento degli investimenti in beni strumentali, dato che l'utilizzo della capacità produttiva è pari al 79%, un livello che in genere fa scattare un'accelerazione consistente della spesa per investimenti.
Riteniamo anche che l'edilizia residenziale, altra componente di rilievo degli investimenti, registrerà una vigorosa ripresa, evidenziando un ritmo di espansione a due cifre, dopo aver esercitato un effetto particolarmente negativo nei primi anni della ripresa economica statunitense. Il nostro ottimismo si basa sulla crescente disponibilità di mutui, grazie al risanamento dei bilanci da parte delle banche che ora appaiono molto più disponibili a erogare prestiti, avendo anche allentato gli standard di credito, in precedenza molto rigidi. Infine, riteniamo che il contributo del governo alla crescita non sarà negativo, come è invece accaduto negli ultimi anni.

Negli Stati Uniti i tassi d'interesse non aumentano da quasi nove anni, ma la Federal Reserve ha indotto gli investitori ad attendersi un loro rialzo nel corso di quest'anno. A vostro avviso, gli investitori in azioni USA dovrebbero preoccuparsi?

No, non crediamo che gli investitori debbano preoccuparsi.

Le indicazioni della Federal Reserve riflettono il fatto che i tassi d'interesse siano eccezionalmente bassi in termini storici e, soprattutto, che gli Stati Uniti sono avviati su un percorso di ripresa sostenibile e quindi verso la normalizzazione dei tassi d'interesse. Un innalzamento dei tassi offrirebbe una prova tangibile della fiducia della Federal Reserve nella ripresa, il che dovrebbe offrire ulteriore sostegno alle azioni. Storicamente, i mercati tendono a scontare il primo rialzo dei tassi con circa sei mesi di anticipo e a mostrare una volatilità decisamente maggiore durante questo periodo. Tuttavia, i dati storici indicano che i tassi d'interesse in ascesa non esercitano un impatto rilevante sul mercato nei 6-12 mesi successivi al primo rialzo.
Nel 2014 le valutazioni del mercato azionario USA erano al centro dell'attenzione degli investitori. La nostra opinione era che le valutazioni fossero molto ragionevoli e che la crescita degli utili avrebbe trainato i guadagni del mercato, come poi in effetti è sostanzialmente accaduto. Qual è la vostra visione sulle valutazioni attuali?

Il mercato non ha subito una rivalutazione, ma è semplicemente cresciuto in linea con gli utili, e ci aspettiamo un prosieguo di questa tendenza nel 2015.


Secondo le stime di consenso, le azioni quoteranno a circa 15 volte il PE entro fine anno, un livello in linea con la media storica di lungo termine del mercato. Riteniamo quindi che le azioni statunitensi non siano né costose né convenienti. Dato che gli Stati Uniti sono l'unico motore di crescita globale e che la ripresa appare solida, le azioni statunitensi presentano secondo noi valutazioni interessanti rispetto ad altri mercati.
Inoltre, l'inflazione contenuta implica che è basso anche il tasso al quale viene scontato il flusso di cassa delle azioni e questo storicamente è stato molto positivo per il mercato. I fondamentali economici e la crescita degli utili dovrebbero supportare le aspettative per il 2015. Come già accennato, prevediamo una crescita del PIL del 3%, che si traduce in un aumento dei ricavi, una certa espansione del margine di profitto e operazioni di riacquisto per circa l'1%. Di conseguenza, si prospetta una crescita sostenuta degli utili nel 2015, un livello elevato in termini storici.  


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