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25/02/2015

economia

IS a caccia di petrolio allarga il califfato in Libia allertando la NATO

Segre (ASSIOM FOREX): Nei prossimi tre mesi il petrolio non scenderà a 20 dollari Usa, l'oro continuerà a interessare solo gli svizzeri, mentre l'Europa è ormai stretta tra un conflitto ad est ed uno a sud

É una marcia inarrestabile quella del califfato dei salafiti estremisti che, sotto la bandiera dell'IS, ora si allargano alla Libia in attesa di ricongiugersi ai gruppi affiliati africani di Boko Haram e Al Shabaab che operano tra Nigeria, Camerun, Kenya e Somalia. Troppi passi falsi nel Mediterraneo dal fallimento del Progetto UE dell'EuroMed, alla guerra del 2011 che ha disgregato la Libia definitivamente sino all'attentato di Tunisi all'Ambasciata Usa ed al cambiato atteggiamento degli americani verso le questioni mediorientali.
Certo il disegno strategico Usa è stato modificato ed adattato, dopo la manovra Opec di ribasso sul petrolio, alle esigenze di rivedere gli equilibri mondiali a favore di un indebolimento dell'asse tra Europa e Russia a favore degli Usa e di Paesi alleati come la Polonia, anche nell'ottica di favorire un'approvazione del TTIP, il partenariato transatlantico per il commercio. Un accordo a tutto vantaggio Usa che ricorda il tentativo di Bush di far digerire l'ALCA al "cortile di casa" latinoamericano.

L'incapacità USA di muoversi

Andando per ordine, dopo l'attentato di Tunisi del 2012 la politica americana verso il MedioOriente ha subito un drastico cambiamento, l'amministrazione Obama ha pagato un elevato prezzo politico ed il consenso è crollato.

Prendere le distanze non intervenendo in Siria direttamente, se non con forniture esterne ai ribelli anti Assad, ha visto un ulteriore raffreddamento del rapporto con i sauditi e un'avvicinamento incoerente all'Iran. Dapprima gli Usa annunciarono di voler prevenire qualsiasi proliferazione nucleare poi l'abilità iraniana ha spostato i negoziati verso un'accettazione della stessa, sebbene sotto controllo Usa. Non considerando che l'Iran nucleare avvallerebbe una politica nucleare da parte di sauditi e turchi con la scusa di doversi dotare delle opportune difese. Intanto l'Iran continua ad armare Hezbollah con un numero indefinito di razzi. Hezbollah, alleato di Assad, vuole difendersi dai ribelli siriani che mirano a sconfinare in Libano. La mossa iraniana intende mettere sotto pressione gli Usa paventando un allargamento del conflitto verso Israele che è impossibilitato a difendersi su due fronti, Hamas ed Hezbollah.
Così l'incapacità Usa di muoversi nel nuovo scacchiere mediorientale ha visto pochi giorni fa l'assalto alla base Usa in Iraq ove veniva addestrato l'esercito iracheno, che ha abbandonato diverse posizioni strategiche di fronte all'avanzata IS e che, insieme agli Usa, ha assistito impotente alla conquista territoriale del califfato mirata alle risorse economiche irachene e curde.

A ciò si aggiunge il nuovo fronte magrebino, ove l'IS persegue i suoi scopi terroristici ed economici imponendo la Sharia e trucidando chiunque si opponga ai suoi piani di conquista territoriale.
Il deterioramento poi del quadro politico in Libia non deve stupire ed era assolutamente prevedibile. Infatti, dopo una ripresa apparente nel 2012, si è scatenata una guerra civile che ha compromesso il funzionamento dei terminal petroliferi, provocando un avvitamento su se stessa dell'economia che è caduta in uno stato recessivo e di instabilità politica grave. Le elezioni di giugno 2014, che hanno visto la nomina del Premier Al Thani, dovevano portare ad un nuovo governo di unità nazionale da lui guidato, ed attualmente il governo provvisorio ha abdicato alla NOC la gestione del settore petrolifero. Il governo riconosciuto dalla comunità internazionale non dialoga con le truppe di Misurata che controllano Tripoli e quindi del governo filoislamista non riconosciuto e guidato da Omar Ah Hassi. Da novembre le truppe del Generale Haftar hanno lanciato un'offensiva di terra ed i toni si sono esacerbati dopo il meeting OPEC e oltre 6 mesi di contrazione dei prezzi del petrolio che hanno ridotto del 70% le entrate fiscali nel 2014.


Queste rappresentano il 95% delle esportazioni del Paese. Ovviamente, con oltre 100 mld di dollari Usa e 50 mesi di copertura delle importazioni di riserve, lo Stato non rischia il default ma di fatto è stato abbandonato ad un caos interno nel quale le forze salafite dell'IS hanno avuto buon gioco ad inserirsi con il progetto di califfato esteso dai territori siriano-iracheni e con l'obiettivo di accaparrarsi le risorse petrolifere del Paese e compiere il passo decisivo in un piano globale di "franchising" del terrore delle frange islamiste arabe e panafricane salafite.

Europa stretta tra due conflitti

Di fronte ad un quadro così complesso, gli Usa hanno di fronte una decisione storica e dovranno abbandonare uno dei fronti aperti, quindi l'Ucraina. La Nato non potrà che intervenire perché con l'IS non si tratta, l'obiettivo geopolitico è evidente e pericolosissimo per l'Europa, che ne ha sottovalutato la portata non intervenendo in Libia quando gli Usa le avevano dato carta bianca dopo il flop degli obiettivi del 2011. Il famigerato "Axe of Devil" di Bush (Siria, Iran, Hezbollah), unitamente all'ambiguità turca, ha alimentato il caos e venduto armi che ora vengono puntate anche alle motovedette italiane.



L'unica alternativa praticabile resta un accordo paneuropeo con l'Egitto per dare più convinzione al sostegno del Governo di coalizione libico ed agire contemporaneamente con i Paesi OPEC per attaccare sui due fronti l'avanzata IS. Attendere un intervento Usa potrebbe essere fatale e, se gli Usa non chiuderanno definitivamente l'accordo iraniano sulle posizioni intransigenti iniziali, sarà inutile e dannoso alla sicurezza UE.
Concludendo, nei prossimi tre mesi il petrolio non scenderà a 20 dollari Usa, l'oro continueranno a "filarselo" solo gli svizzeri, l'Europa è stretta tra un conflitto ad est ed uno a sud e le autorità europee non paiono così proattive e per ora allineate al nulla di fatto di sempre della Nato. Da lontano e lungo la via della seta, la Cina guarda con preoccupazione all'espansione "africana" dell'IS essendo il maggiore donor globale verso il continente nero, superiore anche alla Banca Mondiale. Si consola comunque con il progetto della Ferrovia Pechino-Berlino per un valore di quasi 250 miliardi di dollari Usa.




Claudia Segre, Segretario Generale ASSIOM FOREX


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