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18/02/2015

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L'azienda Italia riprende il passo: 30mila imprese in piu' nel 2014 

Si arresta "l'emorragia": 31mila chiusure in meno del 2013. Saldi positivi nei servizi, turismo e commercio, in rosso agricoltura, manifattura e costruzioni

Il sistema delle imprese sembra aver ritrovato il passo della crescita e, nonostante una buona parte dell'anno trascorsa con l'affanno, alla fine del 2014 mette a segno un saldo positivo tra aperture e chiusure.
Il bilancio, di poco superiore alle 30mila unità, è pari a un tasso di crescita del numero delle imprese registrate dell'0,51%, più che doppio rispetto all'anno precedente (+0,21%). Il risultato appare totalmente determinato dalla fortissima frenata delle cessazioni (340.261 le imprese che hanno chiuso i battenti, 31.541 unità in meno rispetto a quanto avvenuto nei dodici mesi precedenti). Il dato è il migliore dal 2010 e segnala una probabile inversione di tendenza nelle attese degli imprenditori oggi attivi, che intravvedono la possibilità di un effettivo rilancio delle attività nel corso del 2015.
Al dato positivo dello stop nell'emorragia di imprese, fa eco un segnale altrettanto importante dal lato delle aperture. Nei dodici mesi appena trascorsi, infatti, le nuove iniziative sono state 370.979, un risultato insperato benché inferiore a quello dell'anno precedente.

Aldilà della conferma che, per chi si accinge a fare impresa, le incertezze del quadro economico non sono ancora del tutto superate, il dato sembra indicare l'urgenza di completare le riforme economiche (da quella del lavoro, al fisco, alla semplificazione) per facilitare l'avvio di nuove iniziative.
Questi i dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese risultante dal Registro delle imprese diffusi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione condotta da InfoCamere.
"I segnali che vengono dall'economia reale – ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - indicano che, a differenza delle tante false partenze registrate in questi anni, stavolta forse siamo davanti ad una reale opportunità di invertire la rotta. Imprese e famiglie hanno atteso a lungo questo momento e, come ha opportunamente indicato il nuovo capo dello stato, è alle loro difficoltà e alle loro speranze che dobbiamo guardare per dare risposte concrete. Oggi le condizioni per consentire all'Italia di riprendere il cammino dello sviluppo sembrano sommarsi in modo virtuoso e, per questo, vanno colte senza indugio.

Per ridare lavoro a chi lo ha perso e ai tanti giovani che lo cercano, bisogna mettere l'impresa al centro dell'azione riformatrice del Governo e del Parlamento. Semplificando il quadro normativo e fiscale su impresa e lavoro, e lavorando con determinazione per combattere le inutili incrostazioni burocratiche che frenano i nostri imprenditori. La riorganizzazione delle Camere di commercio può essere uno strumento in più per facilitare questi processi e cogliere le opportunità che stanno maturando in questa fase".

IL QUADRO GENERALE

Dall'analisi della serie storica degli ultimi sette anni, il 2014 si segnala per secondo miglior risultato sul versante delle chiusure ("solo" 340.261), giacché solo nel 2010 (peraltro l'anno con il più elevato saldo di tutta la serie) si era registrato un valore più basso. Si registra anche il valore più basso nel flusso di nuove iscrizioni (come già ricordato pari a 370.979 imprese).

IL BILANCIO DELLE FORME GIURIDICHE

L'intero saldo positivo dell'anno è totalmente spiegato dalla forte crescita della forma giuridica delle società di capitale: 47.


508 in più in termini assoluti, pari a una crescita del 3,29% rispetto al 2013 (quando, nonostante la crisi, fu del 2,87). Il dato conferma un orientamento ormai consolidato tra i neo-imprenditori italiani che, per affrontare il mercato, si affidano sempre più spesso a formule organizzative più "robuste" e strutturate. Non solo perché più capaci di intercettare gli incentivi pubblici opportunamente messi a loro disposizione, ma soprattutto perché la società di capitali si presta ad essere più attrattiva rispetto a nuovi investitori e, dunque, a consentire un percorso di crescita all'idea di business.

IL BILANCIO DEI TERRITORI

Il tasso di crescita in tutte e quattro le aree presenta risultati migliori (o comunque meno negativi), rispetto al 2013. L'unica differenza è da vedersi nel fatto che il tasso di crescita delle due circoscrizioni del Nord resta al di sotto del valore medio nazionale (nel 2013 accadeva solo per il Nord-Est); a fronte di un tasso di crescita nazionale pari allo 0,51% il Nord-Ovest arriva allo 0,44% e il Nord-Est pur mostrando un miglioramento più marcato, ma resta in campo negativo a -0,08%.


Nella altre due circoscrizioni, il Sud segna un +0,60% mentre il Centro arriva a sfiorare una crescita dell'1%.
Da sottolineare il risultato del Lazio che mette in mostra un tasso di crescita pari all'1,80%, pari a tre volte il valore medio nazionale (0,51%) e corrispondente a un saldo pari a 11.175 imprese in più, il maggiore in assoluto tra tutte le regioni italiane.

IL BILANCIO DEI SETTORI

I settori che, più degli altri, hanno contribuito alla tenuta del sistema delle imprese appartengono tutti alle attività di servizio. I saldi maggiori in termini assoluti si registrano, infatti, nelle Attività di alloggio e ristorazione (+10.910 unità), nei Servizi di supporto alle imprese (9.290) e nel Commercio (7.544). Al contrario, i settori in contrazione più marcata sono quelli della manifattura (3.984 unità in meno rispetto al 2013), delle costruzioni (-7.308 unità) e dell'universo agricolo (-15.742 unità). Nel 2014 tutte le aree del Paese hanno fatto registrare un miglioramento del proprio saldo rispetto al 2013, incluso il Nord-Est che chiude l'anno con una riduzione dello stock molto esigua.



Motore della tenuta restano le forme giuridiche di capitali, cresciute lo scorso anno di 47.508 unità e con un tasso di crescita (3,3%) in aumento rispetto al 2013 (2,9%). Da notare che le imprese individuali, pur riducendo fortemente le chiusure meno rispetto al 2013 (31.339 in meno), segnalano alla fine dell'anno un saldo negativo per 11.036 unità, determinato da una robusta frenata anche delle iscrizioni (-8.940 rispetto all'anno precedente).
La lettura di come l'attuale e prolungata crisi economica interagisce con il sistema delle imprese italiane, si arricchisce se i dati demografici (natalità, mortalità e localizzazione) e quelli legati alla natura giuridica delle imprese, si collocano nello spazio economico, ovvero tra i settori di attività. La lettura dei dati settoriali di Movimprese offre una fotografia precisa di come la crisi economica di questi ultimi anni stia ristrutturando il sistema delle imprese italiane, in particolare se si adotta una visione del tessuto imprenditoriale "a maglie larghe".
A parte il caso storico e strutturale dell'agricoltura (che perde unità produttive, soprattutto per il cambio di destinazione dei suoli agricoli che non sembra destinato a esaurirsi) i tre primi grandi comparti dell'economia italiana stanno, dal punto di vista della demografia delle imprese, riducendo il proprio peso.


Insieme determinano, infatti, il 69,93% dello stock di imprese produttive, ma, nonostante il modesto contributo attivo del terziario tradizionale, danno un contributo negativo al saldo annuale che è pari al -173,24% del saldo totale. Solo la grande area dei servizi, riassorbe il passivo con il proprio saldo che è pari a 28.865 unità e fissa il saldo nazionale del 2014 a 10.564 unità.  


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