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10/12/2014

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Suaria (Amway): L'imprenditorialità si può insegnare

La crisi di questi ultimi anni ha fatto sentire i propri effetti sui dati occupazionali, particolarmente negativi. In questo contesto torna a crescere l’attenzione sulla creazione d'impresa e sull’offerta imprenditoriale

L'imprenditorialità non è una dote esclusivamente innata, ma si può apprendere e sviluppare con una formazione adeguata, che ciascun Paese può e deve offrire ai giovani e non solo. Il 64% degli intervistati in Italia è di questa opinione e sono soprattutto i giovani sotto i 35 anni, con il 70%, i più convinti che per diventare imprenditori sia necessario un percorso formativo strutturato, non solo sui banchi di scuola. E' quento emerge dal Rapporto Globale Amway sull'Imprenditorialità, realizzato in collaborazione con Gfk e l'Università Tecnica di Monaco (TUM). Ne abbiamo parlato con Fabrizio Suaria, Amministratore Delegato di Amway Italia.

Quali sono le principali evidenze della ricerca per l'Italia?

E' una ricerca che conduciamo già da 5 anni. L'edizione di quest'anno ha fornito un dato molto peculiare: in Italia l'interesse nei confronti dell'imprenditorialità è in aumento. Il 75% degli intervistati dimostra di avere un atteggiamento positivo su questo tema, e questo si manifesta con 6 punti percentuali in più rispetto alla ricerca del 2013.

E' sicuramente un dato confortante, soprattutto quando lo si guarda nei contronti dell'Europa e del resto del mondo. Un altro dato importante è che non c'è solamente una predisposizione nei confronti dell'imprenditorialità, ma c'è anche una buona percentuale di intervistati che "si vedono" in una attività imprenditoriale. Il 43% immagina di poter iniziare una attitività di questo tipo. Infine, questa propensione è maggiore nelle fasce di età al di sotto dei 35 anni: qui il 75% della media nazionale diventa l'83%.

Quali le principali differenze con gli altri Paesi?

Sicuramente la propensione all'imprenditorialità, che è sicuramente più elevata, o quantomeno ci sono più individui che si immaginano in questo ruolo, rispetto al resto d'Europa: 43% rispetto al 38%. Notiamo differenze tra i Paesi quando siamo andati a indagare sulle motivazioni oppure approfondendo il tema dell'importanza della formazione. Per esempio, in Italia la formazione riteniamo che debba arrivare dalle Camere di Commercio, programmi di start-up e organizzazioni no-profit (35%), mentre invece nel resto d'Europa e in altri Paesi che sono un po' più avanti di noi nella cultura imprenditoriale, si ritiene che vada fornita da scuole superiori e università (38% in Europa e 36% nel mondo).

Questo dato fa emergere una scarsa fiducia nel nostro Paese nei confronti del sistema formativo attuale.

L'Italia è percepita come un Paese che favorisce l'imprenditoria?

Direi di no, dai dati della ricerca questo non emerge. A fronte di una predisposione e di un interesse degli italiani dell'imprenditoria e dell'automprenditorialità, poi il 54% degli intervistati ha dichiarato di non considerare il clima del Paese come favorevole. Sottolinerei che questo è un dato un po' strano. In determinate nicchie di settori imprenditoriali, quale per esempio quello in cui operiamo, la vendita diretta, esistono invece strutture e sistemi che facilitano la scelta imprenditoriale. Basti pensare al trattamento fiscale: gli incaricati della vendita a domicilio godono di un trattamento molto favorevole, ma probabilmente è un'informazione che non tutti conoscono. Ritornando alla domanda, la mia risposta è dunque un no, gli italiani non considerano il clima del Paese come favorente l'imprenditorialità, e in questo ci sono molte diferenze con altri Paesi, europei e mondiali.

C'è però un dato positivo: rispetto alla ricerca dello scorso anno c'è stato un miglioramento, è un po' calato il pessimismo (dal 64% al 54%).

I problemi sono il peso della burocrazia, la fiscalità e la difficoltà di accesso al credito?

Questo è emerso soprattutto dalle ricerche degli anni passati, in cui avevamo chiesto in modo analitico quali fossero i principali ostacoli all'inizio di una attività imprenditoriale. Il tema della burocrazia è stato il tema più citato, ovviamente seguito dalla necessità di fare investimenti e quindi dall'accesso al credito, che come sappiamo è terribilmente difficile nel nostro Paese. Soprattutto in una congiuntura di crisi economica come quella attuale, Ma la "paura" più grande era quella del fallimento. E qui ci confrontiamo con una cultura italiana che differisce moltissimo da altre, per esempio le anglosassoni, dove il termine "failure" non ha la connotazione negativa che ha da noi la sua traduzione. Anzi, il fallimento è visto solo come l'aver intrapreso un'attività che non ha funzionato e spesso viene percepito come una opportunità per impararare dagli errori commessi.


Da noi è vista come la peggiore delle tragedie

Dalla ricerca emerge che l'imprenditorialità può quindi essere insegnata. Quali sono le tematiche per una educazione all'imprenditorialità e in quali contesti ci si aspetta che vengano insegnate?

Il 64% degli intervistati e il 70% dei giovani ritiene che ci si possa formare. Quindi l'autoimprenditorialiità ritengo che non sia una cosa da lasciare al fai-da-te, e da qui l'importanza della formazione. I temi più sentiti sono innanzitutto la conoscenza dei principi economici di base, le basic skills, imparare i fondamenti di cosa significhi avviare un'attività economica. Subito dopo c'è il desiderio di formarsi in un contesto operativo, quindi Training on the Job, vivere con qualcun altro l'esperienza di imprendotorialità che possa far "toccare con mano" cosa significa. Un po' come il vecchio tirocinio o apprendistato, che sono un po' spariti dalla nostra società.

Quali sono le leve che spingono all'imprenditorialità?

Secondo la ricerca, per la parte italiana, è il desiderio il non avere un capo, l'indipendenza dal datore di lavoro (43%).


Lo spirito di libertà è tipico degli italiani e questa sembra essere la motivazione principale. Dal mio punto di vista personale considero senz'altro questa un aspetto molto importante ma, per me e per una grande percentuale degli intervistati è il desiderio di autorealizzazione la leva più forte (39%). Poter dimostrare, prima di tutto a se stessi e al mondo (anche dei famigliari che spesso sottovalutano), che si è in grado di fare di più.

E' cambiato l'atteggiamento verso il lavoro autonomo?

Certamente. Riscontriamo un trend anno dopo anno di continuo miglioramento, nel senso che c'è una sempre maggiore predisposizione. Ci sembra anche di capire che l'evoluzione che si sta vivendo nel nostro Paese sia quella di passare dal sogno del "posto fisso" come occupazione alla comprensione che questo oggi non c'è più e quindi bisogna sviluppare una flessibilità diversa. E anche un atteggiamento diverso anche nei confronti di attività che non siano quelle del lavoro dipendente. Non solo per le "leve" sopraindicate, come il non avere un capo, ma anche per affrontare le evoluzioni della società, in cui il "posto fisso" è un concetto che sta invecchiando.




E come percepiscono il lavoro autonomo i giovani e le donne?

Ci sono piccole differenze sia di genere sia di fascia di età. La seconda è quella che si nota di più perchè sull'atteggiamento favorevole all'imprenditorialità la media nazionale è del 75% mentre tra i giovani sotto i 35 anni è l'83% (80% in Europa). C'è quindi un maggior interesse anche a livello di potenzialità. I giovani, più degli altri, si vedono in una attività imprenditoriale (il 58% contro il 49% in Europa).
Per quello che riguarda il campione femminile (75% favorevole), i dati sono abbastanza vicini alla media, leggermente inferiori a quelli degli uomini. Forse, la cosa più interessante che è emersa dalla ricerca è che a differenza di ciò che accade in Europa, in Italia c'è un gap a livello di potenziale imprenditorialità, cioè chi si vede in una attività imprenditoriale: le donne sono solo al 36% (32% in Europa) mentre gli uomini al 51% (44% in Europa), contro una media nazionale del 43%. L'imprenditorialità femminile sembra quindi essere ancora un'area su cui lavorare.


E questo a differenza degli altri Paesi. Abbiamo visto che, per esempio, in Turchia il 51% delle donne intervistate immagina di poter avviare una attività imprenditoriale.  


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