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03/12/2014

economia

I tre nodi da sciogliere sullo scacchiere mondiale

Burgess (Threadneedle): Prospettive degli utili, deterioramento delle prospettive di crescita globale (specialmente nell'eurozona), il prezzo del petrolio

Con l'approssimarsi della fine del 2014, ravvisiamo tre principali problemi che, a nostro avviso, andrebbero almeno parzialmente risolti prima che gli asset rischiosi riescano a evidenziare progressi significativi.
Il primo riguarda le prospettive sugli utili e la loro ragionevolezza in un contesto di rallentamento della crescita globale. La seconda questione è di ordine politico e nello specifico occorre capire se le autorità intendono o meno affrontare il problema della persistente debolezza economica che affligge regioni quali l'area euro. Bisogna infine chiedersi se la contrazione dei prezzi del petrolio, che dall'inizio dell'estate hanno perso circa il 25%, sia solo temporanea oppure sia destinata a proseguire.
Con riferimento agli utili societari, i recenti dati relativi agli Stati Uniti sono stati in gran parte positivi ma in altre aree il quadro si presenta molto più contrastato. In Europa, l'ultima stagione dei risultati si è rivelata mediocre e diverse società del continente continuano a risentire della decelerazione in atto nei mercati emergenti.

In Giappone, i mercati azionari hanno evidenziato performance robuste ultimamente giacché le società beneficiano dell'indebolimento dello yen e dell'apprezzamento del dollaro. Ciononostante, l'Abenomics sembra perdere slancio e la popolarità di Abe è recentemente calata a causa di diversi scandali politici. In Cina, l'espansione economica continua a rallentare e l'economia sembra destinata a registrare la sua peggior performance annua dal 1990.
Il deterioramento delle prospettive di crescita globale - unitamente al fatto che le autorità politiche sono alquanto impotenti al riguardo - rappresenta una chiara fonte di preoccupazione: molte economie mondiali continuano a perseguire politiche monetarie incentrate su tassi d'interesse nulli o prossimi allo zero e persino Paesi considerati modelli di "capitalismo sostenibile", come la Svezia, hanno dovuto azzerare i tassi a causa della flessione dei prezzi. Le misure di stimolo fiscale dovrebbero di norma concedere un po' di tregua ma la realtà è che gran parte dei governi è già gravata da debiti troppo elevati, per cui un aumento della spesa volto a imprimere slancio alla crescita è un'opzione da escludere.

Sul fronte della politica monetaria, la decisione del Giappone di espandere gli acquisti di asset è accolta con favore, soprattutto ora che la Fed sta ponendo fine al QE, anche se una delle economie che probabilmente risentirà in misura maggiore dell'indebolimento dello yen è la Germania.
Per gli asset rischiosi il vantaggio principale è il sostegno ai consumi e all'industria nel mondo sviluppato che dovrebbe derivare dall'indebolimento del prezzo del petrolio. Il rovescio della medaglia è ovviamente rappresentato dalla maggiore pressione fiscale e dall'acuirsi della volatilità delle valute nei Paesi produttori di oro nero.
Solo il tempo ci dirà se il ribasso del petrolio sia destinato a durare o se sia solo momentaneo, ma la flessione dei prezzi energetici (e di conseguenza la debolezza dei dati sull'inflazione) dovrebbe significare che le pressioni sulle banche centrali dei paesi sviluppati affinché le stesse prendano in considerazione un aumento dei tassi d'interesse saranno contenute o nulle almeno fino al secondo semestre del 2015.
Per quanto riguarda il nostro modello di asset allocation, continuiamo a prediligere le azioni rispetto alle obbligazioni.


Tuttavia, date le incertezze illustrate in precedenza sul fronte della crescita e a livello politico, aspettiamo di osservare una maggiore chiarezza in fatto di utili e valutazioni più convenienti prima di rafforzare la nostra esposizione. Gli attuali livelli dei rendimenti dei titoli di Stato dei paesi core non ci sembrano adeguati ma le dinamiche di crescita e di inflazione suggeriscono che potrebbero rimanere bassi ancora per qualche tempo.

Mark Burgess, Chief Investment Officer di Threadneedle Investments


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