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26/11/2014

economia

I mercati emergenti della zona europea

Il report a cura di Raiffeisen Capital Management prende in esame Russia, Turchia, Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria

Si parla da tempo dei mercati emergenti contigui all'area dell'euro come di un comparto con in cui è ancora possibile, con le dovute cautele, generare utili. In un momento di difficoltà dell'eurozona e con i mercati USA che riverberano luci e ombre, Raiffeisen Capital Management ha preparato un report specifico con un focus su alcuni di questi Paesi. Qui ne ripostiamo un estratto.

Panorama globale

Se si considerano le statistiche di lungo periodo, settembre è il mese di borsa più debole dell'anno e anche quest'anno viene nuovamente confermata questa statistica. I mercati azionari dei Paesi emergenti (EM) hanno ceduto l'8% circa nei confronti dell'indice MSCI Emerging Markets, il quale ha dunque lasciato per strada tutti i guadagni realizzati dall'inizio dell'anno. I mercati azionari sviluppati hanno invece tenuto decisamente meglio realizzando una perdita del 4% circa. I ribassi dei corsi maggiori li ha subiti il Brasile (-12%). Molto deboli si sono mostrate anche le azioni turche e le azioni H cinesi a Hong Kong.
Quasi tutte le valute EM hanno ceduto rispetto al dollaro USA (quest'ultimo ha guadagnato significativamente anche rispetto all'euro e allo yen).

Anche nei decenni passati, un dollaro USA più forte era di solito accompagnato da azioni EM al ribasso e prezzi delle materie prime in calo; questa situazione non è quindi tanto insolita. A ciò si aggiunge il continuo rallentamento economico in Cina che mette ulteriormente sotto pressione le economie di molti mercati emergenti. Nel complesso, non c'è ancora nessun'indicazione di una nuova ripresa economica duratura nei paesi emergenti.
I mercati azionari degli EM, d'altra parte, presentano ancora valutazioni per lo più attraenti, in particolare in Russia e Cina. Proprio nel caso di questi due mercati ciò è logicamente anche da ricondurre ai rischi specifici dei singoli paesi. In questo caso, i corsi molto bassi hanno, però, già anticipato contemporaneamente un gran numero di andamenti negativi potenziali che probabilmente non si verificherà.
Esattamente il contrario vale per l'epidemia di Ebola in espansione nell'Africa occidentale, la quale finora non è un argomento di discussione sui mercati finanziari globali. Al momento è ancora abbastanza poco probabile che si trasformi in una pandemia globale, ma non può essere comunque del tutto escluso.

Per questo motivo, bisognerà osservare molto attentamente gli sviluppi su questo fronte considerate le possibili conseguenze drammatiche per l'economia mondiale e i mercati finanziari.

Approfondimento sui Paesi

Russia

Nel complesso, la tregua concordata in Ucraina sta tenendo, ma secondo le relazioni dell'OSCE ogni tanto assistiamo a casi isolati di violazione della stessa. Sono soprattutto i battaglioni del "settore di destra", finanziati dagli oligarchi ucraini e reparti della guardia nazionale, a colpire ripetutamente con o senza l'appoggio del commando militare di Kiev, le città e i villaggi nella zona dei ribelli. Parallelamente a ciò, vengono portati avanti gli sforzi di pace, ma un accordo sostenibile e duraturo è ancora molto lontano.
L'occidente, nel frattempo, non si mostra ancora per niente disposto ad abbandonare la propria strada delle sanzioni contro la Russia. Queste stanno avendo un impatto notevole sull'economia di entrambe le parti.
Per la Russia la combinazione negativa tra rallentamento della crescita e inflazione al rialzo dovuta alle sanzioni e un rublo in caduta si accentua ancora di più.


Nel terzo trimestre, il rublo è stata la valuta più debole in assoluto tra le valute dei Paesi emergenti. A ciò si aggiunge il calo del prezzo del petrolio nel recente periodo che è tutt'altro che positivo per le finanze dello Stato russo. La netta flessione del prezzo del petrolio dovrebbe essere riconducibile, da un lato, alla chiusura di precedenti posizioni long speculative sui mercati dei futures USA. Dall'altro lato, c'è sempre più forte offerta proveniente dagli Stati Uniti (olio di scisto) sul mercato, e nel frattempo gli USA sono diventati il primo paese produttore di greggio.
Per l'Arabia Saudita, oramai il secondo produttore di greggio, il prezzo del petrolio in calo non dovrebbe essere opportuno dal punto di vista economico, ma sicuramente da quello politico. Poiché, da un lato, l'attuale prezzo del greggio sta già rendendo poco redditizia una parte della concorrenza americana (olio di scisto) e, dall'altro, mette sotto pressione da un punto di vista economico sia il proprio nemico giurato, l'Iran, sia la Russia (il più importante sostenitore della Siria).
Considerando il deprezzamento del rublo e i continui flussi di capitali in uscita, persistono i timori sulla possibile introduzione di controlli sui movimenti dei capitali, anche se ciò è stato smentito più volte dalle autorità.


Nonostante ciò, nel rublo più debole e nei rendimenti obbligazionari in rialzo si vede chiaramente la nervosità degli operatori di mercato. Il mercato azionario a settembre ha tenuto invece bene rispetto all'andamento globale. Le valutazioni sono tuttora attraenti nel lungo periodo. Una netta ripresa dei corsi azionari è però solo possibile, se ci sarà una soluzione del conflitto in Ucraina e/o la congiuntura e la valuta russa troveranno di nuovo la strada della ripresa.

Turchia

Nonostante l'avanzamento delle truppe degli islamisti radicali dell'IS ("Stato islamico della Siria e del Levante"), la Turchia persegue tuttora i suoi piani strategici, ma dimostra sempre più di "giocare col fuoco". Il parlamento ha autorizzato l'impiego dell'esercito sul territorio siriano, ufficialmente per creare una zona cuscinetto lungo la frontiera turco-siriana e contenere l'avanzata dell'IS. In effetti, la Turchia è stata ed è un importante centro per il rifornimento di combattenti e armi per praticamente tutti i gruppi ribelli siriani. Il fatto che di ciò possano forse approfittare anche Al Qaeda e IS viene accettato con rassegnazione ad Ankara.



La premessa per un impegno militare della Turchia contro l'IS è, secondo le parole del premier Davutoglu, la creazione di una coalizione militare internazionale per far cadere Assad. Le priorità del governo turco a questo proposito sembrano essere molto chiare. Come già succede da decenni a Washington D.C., anche ad Ankara il governo turco potrebbe però sottovalutare la velocità di questi combattenti. Il fatto che questi gruppi terroristici radicali combattano contemporaneamente anche contro i curdi, di recente sempre più forti, ai quali la Turchia non vuole in nessun caso concedere un territorio proprio, non è poi così sgradito al governo turco, anche se questo ovviamente non viene pubblicamente dichiarato. Considerato tutto ciò, non sorprende che ultimamente gli scontri tra curdi e turchi si sono riaccesi anche nella Turchia stessa dopo anni di relativa calma.
Sul fronte dell'economia rimane molto alta l'inflazione; i prezzi sono aumentati intorno al 9% rispetto all'anno precedente. L'obiettivo dell'inflazione ribadito ostinatamente dalla banca centrale del 7,6% a fine anno sembra sempre più assurdo.


Il tasso guida e il corridoio dei tassi d'interesse non sono stati modificati dalla banca centrale. Il difficile contesto di mercato non ha inoltre permesso ulteriori allentamenti della politica monetaria senza mettere in dubbio la credibilità della banca centrale ancora di più. Le obbligazioni turche hanno subito una forte correzione e anche la lira ha ceduto nettamente. Il mercato azionario ha perso circa il 7% a settembre.

Polonia

In Polonia si sta delineando un ulteriore rallentamento della congiuntura ancora abbastanza forte nella prima metà dell'anno. L'indice dei direttori d'acquisto si trova ancora poco sotto il 50% e segnala dunque una leggera contrazione per i prossimi mesi. Allo stesso tempo, il tasso d'inflazione nell'ultimo periodo è sceso addirittura leggermente sotto lo zero.
Secondo la banca centrale ciò è soltanto un fenomeno passeggero; i prezzi dovrebbero di nuovo salire di oltre il 2% p.a. nel 2016. La banca centrale ha comunque sorpreso tutti all'inizio di ottobre effettuando un taglio dei tassi d'interesse inaspettatamente incisivo dello 0,5%.


Le obbligazioni polacche hanno guadagnato così come lo zloty. Il mercato azionario è stato il più forte della regione con un guadagno di oltre il 3%. Tre quarti circa delle società nell'indice WIG20 hanno presentato utili aziendali migliori delle attese. Impulsi positivi sono giunti anche dalla riforma delle casse previdenziali e molti investitori stranieri hanno ridotto la loro sottoesposizione in azioni polacche.

Repubblica Ceca

I più recenti dati economici relativi alla Repubblica Ceca segnalano una dinamica dell'economia complessivamente ancora positiva, anche se leggermente in calo. Vendite al dettaglio, produzione industriale e anche indicatori di sentiment economici (miglior dato da 3 anni) sono stati tutti al di sopra delle attese del mercato. Contrariamente alla Polonia, l'economia ceca finora non risente quasi della crisi intorno all'Ucraina, anche se gli ordini export e la produzione industriale non riescono più a tenere del tutto i tassi di crescita relativamente alti degli ultimi mesi.
Intanto aumenta leggermente l'inflazione, ma con uno 0,6% è ancora troppo bassa per la banca centrale.


La corona ceca si è leggermente apprezzata, ma la banca centrale recentemente ha annunciato di voler prolungare gli eventuali interventi contro un apprezzamento più forte della corona fino all'anno 2016. Le obbligazioni ceche hanno seguito il trend dei titoli di Stato tedeschi e hanno guadagnato leggermente. Il mercato azionario di Praga ha chiuso il mese di settembre con un lieve guadagno di circa 1%.

Ungheria

La crescita economica in Ungheria è stata del 3,9% p.a. nel secondo trimestre, in particolare grazie agli investimenti in stock di capitale e al buon andamento delle esportazioni.
Ci sono delle buone prospettive anche per il terzo trimestre: la produzione industriale è salita oltre il 10% p.a. rispettivamente sia a luglio sia ad agosto. Il parlamento ungherese ha varato una legge attesa da tempo che obbliga le banche a rimborsare ai clienti privati con effetto retroattivo una serie di commissioni e costi relativi ai prestiti concessi negli ultimi 10 anni. I pagamenti stimati in circa 3,2 miliardi di euro sono però superiori del 10% al valore finora preventivato. Come da attese, la banca centrale ha lasciato invariato il tasso guida al suo minimo storico del 2,1%.


Le obbligazioni ungheresi a settembre hanno avuto una performance migliore, mentre il mercato azionario ungherese si è mostrato quasi invariato.  


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