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22/10/2014

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Fare carriera? Per l'84% degli italiani e' piu' importante acquisire nuove competenze

Giorgetti (Kelly Services): I dipendenti italiani si autofinanziano la formazione per compensare le carenze aziendali. Solo il 4% si dichiara soddisfatto della formazione ricevuta dal datore di lavoro

La carriera è importante fino ad un certo punto. Molto meglio accrescere le proprie competenze. Questo emerge nel secondo capitolo del Kelly Global Workforce Index 2014 all’avanzamento di carriera, analizzando nel dettaglio le aspirazioni di carriera dei dipendenti e i fattori più rilevanti per mantenerli legati all’azienda. L’analisi offre, inoltre, una panoramica sul mondo del career management e sulle strategie che le aziende stanno intraprendendo per investire sul personale. Quest’autorevole indagine raccoglie le risposte di più di 230.000 persone di 31 Paesi, di cui circa 4.000 in Italia, e mostra gli effetti dei diversi fattori che impattano sul mondo del lavoro attuale, tra cui le differenze geografiche e la responsabilizzazione dei dipendenti, con un particolare focus sui tre gruppi generazionali principali: Y (19–30 anni), X (31–48 anni) e Baby Boomer (49–66 anni).

I risultati della survey mostrano come i dipendenti mettano l’accento sullo sviluppo delle proprie skill, perché sempre più consapevoli dell’importanza che rivestono per garantirsi una solida posizione lavorativa.

Le motivazioni che spingono i lavoratori a scegliere questo tipo di orientamento sono la capacità e la flessibilità di adattarsi in futuro a ricoprire ruoli anche molto diversi da quelli attuali. Infatti, a livello EMEA, uno schiacciante 67% rinuncerebbe ad un avanzamento di carriera a favore dell’acquisizione di nuove competenze. La percentuale più alta si registra in Danimarca (87%), seguita dall’Italia (84%), dalla Norvegia (82%) e dalla Svezia (81%). Lo scenario è alquanto diverso in APAC, dove gli intervistati si dividono più equamente tra quanti mettono al primo posto le competenze (51%) e quanti danno più importanza all’avanzamento di carriera (49%). “Lo sviluppo delle competenze deve diventare una priorità assoluta per le aziende che vogliono migliorare il livello d’impegno dei dipendenti, nonché la retention e la produttività. Infatti, come sottolineano i risultati della survey, non sempre una promozione è la strategia vincente per gratificare i dipendenti”, ha dichiarato Stefano Giorgetti, Amministratore Delegato e Vice President di Kelly Services Italia.

 

Lo scenario internazionale e quello italiano

 

Dall’indagine, inoltre, emerge che in Italia, nell’ultimo anno, solo il 36% degli intervistati ha discusso il tema dell’avanzamento di carriera con il proprio datore di lavoro: percentuale che si colloca sotto la media mondiale (38%). I dati più alti, invece, si registrano, nei Paesi a forte crescita come Cina (61%), Indonesia (59%), Russia (57%), Malesia (57%), Thailandia (57%), ma anche in Germania (56%). I più bassi, in Ungheria (18%), Portogallo (31%), Australia e Svezia (entrambe al 33%). A livello generazionale, i più propensi a discutere della propria carriera sono gli appartenenti alla Gen Y (42%), seguiti dalla Gen X (40%) e dai Baby Boomer (29%).

Tra i dipendenti, le percentuali più alte si registrano tra chi lavora nel marketing (54%) e nel sales (51%), mentre le più basse sono in ambito healthcare (38%), in quello matematico (34%) e nella formazione (21%). Tra coloro che hanno avuto una discussione relativa all’avanzamento di carriera, il 52% a livello EMEA ritiene che sia stata utile in termini di acquisizione di nuove competenze.




Nello specifico, in Italia, il 35% degli intervistati ha usufruito delle opportunità formative offerte dal proprio datore di lavoro, il 19% del career coaching professionale, il 10% dei career test e l’8% del mentoring. Il 52% dei lavoratori, invece, dichiara di essersi autofinanziato: dato, quest’ultimo, che risulta essere nettamente più alto rispetto alla media globale (32%) e a quella EMEA (36%). Per quanto riguarda i settori lavorativi, in Italia la percentuale dei dipendenti che si autofinanziano è sempre più alta di quella che usufruisce della formazione erogata dall’azienda: il tasso più alto si registra in ambito legale (76%), mentre quello più basso (20%) in ambito matematico. “Le discussioni sull’avanzamento di carriera dovrebbero essere parte integrante e routinaria del rapporto con i propri dipendenti, perché soddisfano un bisogno reale: aiutano a dare una direzione e una struttura al processo e sono una via importante per l’engagement tra azienda e dipendente. È chiaro che i dipendenti attribuiscono un notevole valore alle prospettive di carriera affiancate da una solida formazione professionale.


Per le aziende, ciò fa emergere la necessità di trovare il giusto equilibrio tra la formazione erogata dall’azienda e quella cercata e finanziata autonomamente dai lavoratori e, in ciascun caso, di capire se la formazione erogata soddisfi effettivamente le esigenze di dipendenti e azienda”, ha continuato Giorgetti. Infatti, un dato preoccupante che emerge dal sondaggio è quello relativo alla soddisfazione dei dipendenti rispetto alle risorse formative messe a disposizione dalla propria azienda: solo il 4% degli italiani le ritiene adeguate, a fronte di una media EMEA del 21%. A livello generazionale, si registra un declino con l’avanzare dell’età, passando dal 4% della Gen Y al 2% dei Baby Boomer. “La promozione a spese delle competenze può soddisfare un obiettivo a breve termine, ma i dipendenti, in generale, mirano giustamente a crescere professionalmente. I bassi livelli di soddisfazione indicano, però, una forte discrepanza tra datori di lavoro e dipendenti su tale aspetto e fanno pensare che gran parte dell’investimento dell’azienda sia, probabilmente, sprecato. Le aziende devono essere certe che le risorse che mettono a disposizione siano adatte a coloro cui vengono destinate”, ha concluso Giorgetti.


 

I risultati completi del Kelly Global Workforce Index sono pubblicati nel report Avanzamento di carriera

 


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