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07/05/2014

economia

Il rischio e’ ancora in gioco

Saunders (Investec AM): Con il super-ciclo del credito, una fase di espansione del debito personale, societario e governativo, il mondo sviluppato affronta un lungo periodo di lenta crescita economica e, potenzialmente, anche degli utili aziendali

In un momento economico finanziario come quello che stamo vivendo, è particolarmente utile mettere dei punti fermi per poter stabilire come agire nella restante parte dell’anno. Molti i temi sul tappeto: dagli emerging markets alla volatilità, dall’azionario ai mercati maturi, fino alla zona euro. Ne abbiamo parlato con Philip Saunders, Gestore di portafoglio e Co-head del team Multi-Asset di Investec Asset Management
 
Il primo quadrimestre si avvia alla conclusione. Quali sono le previsioni per il 2014?

I mercati stanno attraversando un periodo di consolidamento, dopo il lungo rally degli ultimi 18 mesi circa. Riteniamo che l’andamento di settori e regioni rifletta questa nuova fase, come dimostrano il rimbalzo dei titoli di qualità, dopo un inizio d’anno difficile, e le correzioni di alcune tra le scommesse nei segmenti interessati dal momentum più forte quali, per esempio, le biotecnologie e i social media. É probabile che i rendimenti per quest’anno siano in linea con gli utili dei mercati principali: risultato più che decoroso ma comunque inferiore al 2013.


Le proiezioni a più lungo termine indicano per i titoli azionari, nei prossimi cinque anni, rendimenti reali modesti, ma leggermente meno rispetto al mese scorso, grazie alla solidità del mercato. Circostanze più favorevoli all’azionario dipendono dalla crescita degli utili, se quest’ultima resterà superiore alla media di lungo periodo sui mercati sviluppati, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti, in quanto le stime prevedono rendimenti reali negativi per gli USA e solo moderatamente positivi per il Giappone. Poiché non ci sono ragioni sufficienti che lascino ipotizzare pressioni ribassiste sui margini o i rendimenti del capitale in un ciclo ascendente, le proiezioni potrebbero peccare di eccessiva cautela.
La situazione presenta alcuni rischi, tra cui un senso di sicurezza e autocompiacimento degli investitori riguardo all’Eurozona, partendo dal presupposto che un’imminente ripresa della crescita risolverà ogni problema. Il calo dell’inflazione implica l’aumento dei rendimenti obbligazionari reali nelle economie in difficoltà dell’Eurozona, questo rende l’espansione dell’economia, necessaria a stabilizzare le finanze dei governi, evento ancora poco probabile.

Inoltre, la crescita del credito è negativa, i bilanci delle banche precari e l’euro è rimasto forte.
Mentre emergono le premesse per un rinnovato inasprimento della crisi, i Paesi nordici non mostrano nessuna propensione ad operazioni di salvataggio. La BCE potrebbe essere spinta a confermare una politica monetaria espansiva, ma non fino a quando non sarà costretta dalle circostanze.
Con il super-ciclo del credito, una fase di espansione del debito personale, societario e governativo che risale a decenni orsono, alla fine, il mondo sviluppato si trova ad affrontare un lungo periodo di lenta crescita dell’attività economica e, potenzialmente, anche degli utili aziendali. Il re-rating del mercato azionario, guidato dal surplus di liquidità, potrebbe portare le valorizzazioni da ragionevoli a costose ma il processo della mean reversion, ovvero la tendenza dei fenomeni finanziari ad oscillare verso valori medi normali, provocherebbe con tutta probabilità un movimento di ritorno.

I cosiddetti “momentum stock” potrebbero essere un possibile catalizzatore di correzione?

Riteniamo che, fino ad oggi, tale debolezza non abbia raggiunto proporzioni sufficienti da incidere considerevolmente sui livelli segnati dal mercato in generale.


Si tratta di aree che presentano qualche rischio bolla, per cui ci aspettiamo di assistere ad alcune normali prese di profitto. Resta da vedere se questi segmenti che godono del grande favore degli investitori si collocheranno di nuovo alla testa del prossimo movimento di rialzo dei mercati – movimento che potrebbe invece essere guidato da altri titoli meno in difficoltà. Il settore Energia, ad esempio, sta registrando buone performance in questo momento e i titoli azionari delle società operanti nell’ambito delle risorse naturali hanno iniziato a riportare risultati decisamente migliori dopo un periodo avvilente.
I mercati hanno già dato ampia prova di resistenza a fronte di una nutrita serie di delusioni e notizie negative, per cui non pensiamo ci sia motivo di ritenere che assisteremo a reazioni di panico da parte degli investitori se il fenomeno dovesse proseguire. Il rischio maggiore per i mercati è rappresentato dalla costante erosione delle previsioni sugli utili. La crescita degli utili dovrebbe in realtà attestarsi su valori prossimi allo zero per intaccare le valorizzazioni, ma i tagli alle previsioni sul tasso di crescita riducono la tendenza al rialzo.


Di conseguenza, l’outlook sugli utili – e non gli eventi di natura geo-politica - costituisce la chiave di volta della direzione intrapresa dai mercati, mentre è probabile che la politica monetaria si limiti a controbilanciare parzialmente uno scenario economico in via di miglioramento.

“Sell in May and go away”: il vecchio detto si confermerà anche quest’anno?

Forse sì, forse no: molto dipenderà dall’andamento dei mercati a tutto aprile. All’inizio del 2014, eravamo convinti fosse necessario un periodo di consolidamento. Dovevamo capire se gli utili avrebbero convalidato l’espansione dei multipli osservata negli ultimi 12 mesi circa.
Pensavamo che il primo semestre del 2014 avrebbe rappresentato una fase di consolidamento. È possibile che il fenomeno si protragga un po’ più a lungo. Se l’andamento degli utili e i dati sull’attività negli Stati Uniti dovessero cominciare finalmente a migliorare, il mercato ne trarrebbe di certo beneficio. Un’altra osservazione che si evince dall’evoluzione dei prezzi è che quando il mercato cerca di vendere massicciamente, gli acquirenti abbondano – abbonda la liquidità.




Come siete posizionati?

Riteniamo che gli investitori debbano dimostrarsi pazienti in tutte le asset class, adottando una prospettiva pluriennale anziché concentrarsi esclusivamente sulle performance di quest’anno ed evitando di sperperare i rendimenti nel tentativo di operare su mercati tranquilli.
Tendenzialmente ci affidiamo ad un modello di selezione dei titoli di tipo bottom-up, con tutto ciò che ne consegue, anziché guardare alle regioni in un’ottica top-down.
In base a questo approccio, abbiamo individuato diversi titoli giapponesi che mostrano valorizzazioni interessanti, oltre ad utili solidi e in via di miglioramento - e tuttavia quello nipponico è stato uno dei mercati più fiacchi da inizio anno ad oggi, avendo registrato le performance migliori degli ultimi 12 mesi precedenti. Nonostante le notizie sul fronte macro-economico appaiano negative, a causa dei timori riguardo all’efficacia della terza freccia della “Abenomics” e dei dubbi circa l’aumento dell’imposta sui consumi, alla luce di una strategia bottom up il quadro ci sembra ottimistico.



Le valorizzazioni tirate sul mercato statunitense, rispetto ad altre aree geografiche, in parte quale conseguenza dei prezzi nei settori a crescita elevata, sembrano indicare come necessario un cambiamento della leadership sul mercato a supporto della prossima fase di rialzo. Nel frattempo, i timori riguardo ad una drastica contrazione sono probabilmente eccessivi. Abbiamo ridotto l’esposizione sugli Stati Uniti rispetto a 12 mesi fa. Riteniamo ancora interessante l’Europa Continentale.
I rendimenti obbligazionari sono rimasti bassi, nonostante sia ormai chiaro che la Fed USA continuerà a ridurre il programma di allentamento quantitativo e i tassi d’interesse inizieranno a salire, l’anno prossimo, sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. E’ tuttavia possibile che il Giappone e l’Area Euro intensifichino la politica espansiva. Restiamo cauti sia sui titoli obbligazionari corporate investment grade che sull’high yield ma è probabile che gli spread rimangano bassi, consentendo agli investitori di riscuotere la cedola. Siamo ragionevolmente ottimisti sul debito dei mercati emergenti ma, a causa del trend ancora ribassista di alcune monete, riteniamo sia importante un’attenta selezione del credito.




Qual è la vostra view sui mercati emergenti (EM)?

A fine marzo, i dati sull’attività nei mercati emergenti hanno sorpreso in positivo, mentre l’inflazione ha sorpreso in negativo. Merrill Lynch ha riportato un deflusso irrisorio dall’azionario EM per 22 settimane e 26 settimane consecutive di flussi in uscita dal debito EM, indicando l’eventualità di un punto di svolta a favore degli Emergenti.
Abbiamo incrementato la nostra esposizione, da livelli molto contenuti, in considerazione della sostanziale divergenza dei titoli azionari emergenti rispetto a quelli dei Paesi sviluppati, mentre le valorizzazioni nel loro complesso appaiono strategicamente allettanti su base storica.
Le notizie macro-economiche restano negative e crediamo che molte siano già prezzate nelle valorizzazioni - magari non su tutti i mercati ma in alcuni certamente si. Un esempio è rappresentato dall’India, entrata nella fase difficile ben prima degli altri mercati. Consideriamo eccessivo il pessimismo riguardo alla Cina: poiché a nostro avviso la maggior parte delle notizie sono già prezzate nelle valorizzazioni, siamo più inclini all’acquisto selettivo che non alla vendita.


 


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