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16/04/2014

economia

Indicatore consumi Confcommercio: a febbraio “congelati” in attesa della ripresa

Dal 2007 ad oggi 80 mld di consumi in meno. Crollano trasporti (-23%), abbigliamento (-17%), mobili ed elettrodomestici (-14%)

L’indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) registra, a febbraio, una diminuzione dello 0,7% in termini tendenziali ed una variazione nulla rispetto a gennaio confermando l’avvio, in atto già da alcuni mesi, di una fase di stabilizzazione che, però, in assenza di miglioramenti sul versante occupazionale e del reddito disponibile, non riesce ancora a tradursi in una ripresa in grado di far ripartire il ciclo economico.
È proseguito il lento miglioramento della fiducia delle imprese, sia pure con andamenti non univoci nel sentiment degli operatori dei diversi settori produttivi. Stando alle stime di Confindustria, a marzo, dopo il contenuto arretramento rilevato a febbraio, la produzione industriale segnala un aumento dello 0,5% sul mese precedente. Anche i dati sugli ordini registrano, nello stesso mese, un miglioramento (+0,5% su febbraio). A marzo il clima di fiducia delle famiglie ha mostrato un deciso recupero. Mentre la percezione della situazione personale e corrente non migliora sensibilmente, le aspettative sul futuro appaiono in forte crescita: la contenuta evoluzione dei prezzi e le aspettative di riduzione del carico fiscale hanno senz’altro avuto un ruolo importante.


La debolezza e le incertezze rilevate sul versante produttivo continuano a determinare un’evoluzione negativa del mercato del lavoro. A febbraio 2014 il numero di occupati è sceso di 39mila unità (-365mila rispetto allo stesso mese del 2013). Nello stesso mese, i disoccupati, che superano i 3,3 milioni, sono aumentati, rispetto a gennaio, di 8mila unità (+272mila in un anno). Da febbraio 2007 il rapporto tra disoccupati e forze di lavoro è passato dal 5,9% al 13,0%, con un milione e 850mila disoccupati in più. A febbraio, dopo alcuni mesi di ridimensionamento delle ore autorizzate di Cig, si è registrato, rispetto all’analogo mese del 2013, un incremento del 5,3%, sintesi di una diminuzione del 27,4% di ore richieste per l’ordinaria e di un deciso aumento di quelle per la straordinaria (+16,2%) e in deroga (+55,6%).
La dinamica tendenziale dell’ICC di febbraio riflette una diminuzione dell’1,0% della domanda relativa ai servizi e dello 0,6% della spesa per i beni.
A febbraio 2014, variazioni positive, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, si rilevano per la spesa reale in beni e servizi per le comunicazioni (+4,3%), in beni e servizi per la mobilità (+1,4%, il secondo segno positivo nell’ultimo trimestre) e per i beni e servizi ricreativi (+0,4%).

Le riduzioni più significative si sono registrate per gli alberghi, pasti e consumazioni fuori casa (-2,1%), i beni e servizi per la casa (-1,9%). Il dato di marzo relativo alle immatricolazioni a privati (famiglie) è ancora negativo a confermare che i miglioramenti del sentiment faticano a tradursi in incrementi della spesa.

LE DINAMICHE CONGIUNTURALI

I dati destagionalizzati mostrano a febbraio una variazione nulla. In termini di media mobile a tre mesi, l’indicatore rimane stabile. Il dato di febbraio riflette un aumento dello 0,2% della domanda per la componente relativa ai servizi e una variazione nulla i beni.
Relativamente alle singole macro-funzioni di spesa, in un contesto di generalizzata tendenza alla stabilità, solo per i beni e servizi per le comunicazioni si registra un incremento di un certo rilievo (+0,6%). Per quanto riguarda gli alimentari e le bevande, a febbraio la domanda si è mantenuta stabile.

TENDENZE DI LUNGO PERIODO

L’uscita dalla lunga crisi andrà misurata soprattutto in termini di ripresa dei consumi. Essi sono un indice di benessere economico migliore del prodotto lordo.


I limiti strutturali dell’economia suggeriscono di considerare l’ipotesi di crescita all’1% come la più probabile, quella al 3% come la meno probabile. Le perdite subite dal mercato dei beni durevoli sono state tali che, nella migliore delle ipotesi, ci vorranno dodici anni per riprendere i livelli del 2007, mentre ne serviranno ben 33 anni, cioè nel 2046, nell’ipotesi peggiore.
Una ripresa della spesa alimentare all’1% richiederebbe circa 13 anni per un pieno recupero rispetto ai massimi. Un inatteso boom dei consumi totali costantemente al 3%, permetterebbe un pieno recupero prima della fine del 2016. E’ più un augurio che una previsione.


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