Editoriale - Dirigenti statali: troppi e troppo pagati
In epoca di spending review non poteva mancare la polemica sugli stipendi dei manager statali e relativo tetto. Tenendo conto che non viviamo piu' al tempo di Adriano Olivetti, secondo cui “Nessun dirigente, neanche il piu' alto in grado, deve guadagnare piu' di dieci volte l’ammontare del salario minimo”, forse ci sarebbe da interrogarsi non solo sugli emolumenti dei dirigenti della PA, comprese le aziende controllate, ma sul numero effettivo di soggetti che ricoprono questa funzione. Magari includendo la pletora di soggetti che risultano cooptati nei CDA delle municipalizzate.
Se rimaniamo solamente alle funzioni ministeriali, una ricerca di lavoce.info, evidenza che i dirigenti di vertice italiani sono troppi e iperpagati. In una comparazione con gli omologhi della Gran Bretagna, si evince che vi sia una differenza di remunerazione tra il 43 e l’80% a favore degli italiani. E se guardiamo l’organigramma, tra dirigenti apicali, di I e di II fascia, ci puo' render conto che parliamo di decine e decine di migliaia di persone, il cui stipendio medio e' di poco inferiore agli 80mila euro lordi l’anno. Basterebbe una decurtazione del 15-20% per risparmiare quasi un miliardo di euro. Un taglio facilmente sopportabile, se considerata la cifra netta mensile. E una decisa “sforbiciata” ai componenti dei CdA, spesso rifugio peccatorum per i trombati della politica, sarebbe piu' che salutare.
Riguardo ai top manager, hanno fatto rumore le parole di Moretti, AD delle FS, cui sommessamente andrebbe ricordato che di manager altrettanto capaci, preparati e magari con maggiori motivazioni per una poltrona cosi' prestigiosa, se ne potrebbero trovare parecchi in quest’Italia angustiata dalla disoccupazione, anche manageriale. E arriverebbero, in carrozza, anche alla meta' del suo stipendio.
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