Inflazione annuale: a ottobre +0,3% in Italia e +0,7% in eurozona
Inflazione annuale: a ottobre +0,3% in Italia e +0,7% in eurozona


No inflazione, no party. Con questa battuta persa in prestito da un vecchi spot, si potrebbe ben rappresentare la situazione europea ed italiana in particolare. Al netto dei beni energetici, che seguono dinamiche diverse, la frenata generalizzata dei consumi nell’area euro, figlia di una prolungata fase di austerity (tanto cara a Olanda e Germania) porta alla stagnazione e poi alla recessione. Non si produce perché non si acquista; non si acquista (per mille motivi) e quindi i prezzi non possono salire, ma tenderanno al basso; I prezzi fermi o al ribasso per incentivare gli acquisti fanno perdere margini alle aziende spingendole alla crisi. Una spirale da cui si esce solo bruciando sul rogo – siamo ad Halloween – il fantoccio dell’austerity e delle politiche fiscali fin qui condotte da BCE e UE. Ma veniamo ai dati preliminari per ottobre così ci si capisce meglio.



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Secondo l’Eurostat a ottobre l'inflazione annuale nell'eurozona dovrebbe essere dello 0,7%, in calo dallo 0,8% di settembre. Considerando le principali componenti dell'inflazione, i servizi dovrebbero avere il tasso annuale più elevato ad ottobre (1,6%, rispetto all'1,5% a settembre), seguito da cibo, alcol e tabacco (1,6%, stabile rispetto a settembre), beni industriali non energetici (0,3%, rispetto allo 0,2% di settembre) e energia (-3,2%, rispetto all'1,8% di settembre). Uno 0,7% è l’eredità che ci lascia la fallimentare direzione di Mario Draghi alla BCE, che come unico scopo aveva di tenere l’inflazione intorno al 2%. Avrà (forse) salvato l’euro, come ha detto Juncker, ma in cambio ha affossato le economie che quella moneta usano.
Venendo all’Italia, l’Istat indica che a ottobre l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una variazione nulla su base mensile e un aumento dello 0,3% su base annua (come nel mese precedente). Risultatone. La stabilità dell’inflazione su livelli contenuti è la sintesi di andamenti opposti tra i quali spiccano da un lato l’ampliarsi della flessione dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da -5,3% a -8,2%) e dall’altro l’accelerazione dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +0,4% a +1,9%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici accelerano entrambe da +0,6% a +0,8%. L’aumento congiunturale dei prezzi dei Beni energetici, sia nella componente regolamentata (+2,7%) che non (+0,9%), è stato compensato dal calo, dovuto per lo più a fattori stagionali, dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-0,7%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,8%), determinando così una variazione congiunturale dell’indice generale pari a zero. Si accentua la flessione dei prezzi dei beni (da -0,2% a -0,4%), mentre accelerano quelli dei servizi (da +0,9% a +1,1%); il differenziale inflazionistico rimane positivo e si amplia portandosi a +1,5 punti percentuali (+1,1 a settembre). L’inflazione acquisita per il 2019 è +0,6% sia per l’indice generale che per la componente di fondo. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,8% su base annua e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto dello 0,5% (tutti e due da +0,4% del mese precedente), registrando in entrambi i casi una crescita più sostenuta di quella riferita all’intero paniere. Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,2% su base mensile e su base annua (come a settembre). Quando qualcuno su a Berlino e Francoforte capirà che l’inflazione (quella fisiologica) non è il male assoluto, sarà sempre troppo tardi.

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