JPMorgan AM: banche centrali pronte all’azione
JPMorgan AM: banche centrali pronte all’azione


Uno dei temi principali del 2012 sarà probabilmente l’allentamento concertato e aggressivo da parte delle banche centrali. Nelle riunioni della scorsa settimana sia la Banca Centrale Europea che la Banca d’Inghilterra hanno lasciato invariati i tassi d’interesse, ma sono in molti ad aspettarsi l’adozione di misure espansive a partire da febbraio Inoltre, la recente diffusione di dati economici deludenti in Cina ha convinto gli operatori di mercato a prevedere un allentamento anche da parte delle autorità di Pechino. Ma chi agirà prima tra La Banca Popolare Cinese e la BCE?
La nostra opinione è che un intervento immediato da parte dell’Istituto di Francoforte sarebbe fortemente giustificato. L’indicatore proprietario del nostro team valutario segnala infatti che vi siano motivi fondati e urgenti per portare effettivamente i tassi d’interesse a zero. Il fatto che sino a questo momento la BCE non si sia mossa, riflette probabilmente il recente leggero miglioramento dei dati che ha indotto il presidente dell’Istituto Draghi ad affermare che l’economia dell’Eurozona è in via di stabilizzazione, sebbene stia presumibilmente attraversando una fase di lieve recessione. Un aggiornamento del nostro indicatore proprietario delle condizioni monetarie suggerisce che attualmente nell’Area Euro le condizioni sono molto espansive, e questo potrebbe essere un fattore a sostegno dell’ipotesi di un abbozzo di ripresa entro fine anno, un’idea che disorienta i vari profeti di sventura. È probabile quindi che la BCE voglia vedere ulteriori progressi sul fronte dell’inflazione (il tasso attuale è stimato al 2,8% su base annua) e valutare i prossimi rilevamenti della sua indagine sui prestiti (che potrebbe fornire altre informazioni sulla portata della stretta creditizia).
Nel frattempo, si prevede che la Banca d’Inghilterra attenderà sino alla nuova serie di proiezioni economiche prima di riconsiderare il suo orientamento. Il prossimo rapporto sull’inflazione sarà pubblicato a febbraio e in passato è stato questo il veicolo tramite il quale l’Istituto ha giustificato il cambiamento delle sue politiche.
Sebbene l’attenzione sia stata puntata soprattutto sulle banche centrali europee, non è escluso che anche la FED decida di avviare un nuovo programma di allentamento quantitativo al termine della Operation Twist a giugno. Negli ultimi tempi, i funzionari dell’Istituto si sono ripetutamente espressi a favore di un sostegno al mercato immobiliare che, nonostante i segnali d’inversione, rimane un motivo di preoccupazione. Tuttavia, l’elemento chiave d’incertezza è il preciso meccanismo di trasmissione tramite cui le ulteriori misure non convenzionali si tradurrebbero in un’accelerazione della crescita, ma da parte nostra sospettiamo che la FED possa puntare ai titoli garantiti da ipoteche.
Infine, dopo la deludente serie di dati macroeconomici diffusi la scorsa settimana, la Cina pare avviata verso un significativo allentamento. Due rilevamenti in particolare ci hanno colpito. Il primo è la contrazione della crescita delle importazioni dal 22% al 12% su base annua. Sebbene non sia il caso di dare troppo peso ai risultati di un solo mese, ci sono chiari segnali di un rallentamento della domanda interna. Il secondo è stato il lieve calo delle riserve in valuta estera cinesi, che sono scese di 40 miliardi di dollari, ovvero da 3220 a 3180 dollari.
Non ci preoccupiamo in alcun modo della solvibilità del paese, ma l’erosione dei livelli delle riserve potrebbe segnalare una parziale fuga di capitali che frenerebbe ulteriormente la crescita monetaria. Riteniamo pertanto che Pechino sia sul punto di dare inizio a una serie di interventi espansivi (probabilmente sotto forma di riduzioni dei requisiti di riserva obbligatori) e non escluderemmo uno stimolo fiscale.
Infine, due parole sul declassamento dei rating europei: inopportuno ma non disastroso. Facendo seguito al suo precedente avvertimento, venerdì Standard & Poor’s ha retrocesso il rating sovrano di vari paesi dell’Eurozona, ovvero Francia, Austria, Italia e Portogallo, in quest’ultimo caso con la perdita dello status investment grade. Sebbene infliggano un duro colpo all’orgoglio nazionale, queste bocciature potrebbero avere implicazioni limitate, dato che erano state segnalate preventivamente. Una revisione al ribasso della posizione creditizia della Francia era di fatto già incorporata negli spread, ma senz’altro non aiuterà il presidente uscente Sarkozy nella corsa all’Eliseo (intrade.com assegna una probabilità di appena il 35% a una sua rielezione) e non è di buon auspicio neppure per il Fondo europeo di stabilità finanziaria (European Financial Stability Facility) che a causa del declassamento francese potrebbe anch’esso perdere il rating tripla A.



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