Meeting OPEC: prospettive sui prezzi del greggio
Meeting OPEC: prospettive sui prezzi del greggio


Mancano meno di 24 ore al meeting dell’OPEC di Vienna. In Austria si riuniranno i ministri del petrolio della principale organizzazione sull’esportazione del greggio per discutere e decidere se estendere i tagli alla produzione di oil, stabiliti nella scorsa riunione e implementati da inizio anno per riequilibrare il mercato eliminando l’eccesso di offerta. All’importante vertice parteciperanno anche i ministri dell’Energia di Russia (Alexander Novak), Kazakhistan (Kanat Bozumbayev) e con molta probabilità anche quelli di Messico, Malesia, Guinea, Oman, Azerbaijan, Bahrain, Brunei e Sudan. Il ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, Khalid al-Falih, e quello russo Alexander Novak già negli scorsi giorni avevano annunciato un’intesa per l’estensione dei tagli alla produzione per altri 9 mesi fino a marzo 2018. Da calcoli effettuati recentemente da OPEC/Bloomberg/IEA nel mese di aprile solamente 10 stati hanno raggiunto i loro target di produzione (OPEC Arabia Saudita, Venezuela, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar; non-OPEC Mexico, Oman, Guinea, Brunei, Sudan). Molti grandi produttori come Russia, Iraq, Kazakhistan, Angola e Algeria non hanno rispettato gli accordi presi, lasciando qualche perplessità sul rispetto di tali requisiti anche nei prossimi mesi (in caso di estensione). Il Kazakhistan, inoltre, ha comunicato la propria intenzione di rinegoziare gli accordi presi nello scorso dicembre perché il Paese ex membro dell’Unione Sovietica si aspetta un forte surplus di produzione a causa dell’espansione dei pozzi nel vasto campo petrolifero nel Mar Caspio (Kashagan). A spingere per un fronte unito sarà sempre l’Arabia Saudita. Il più virtuoso tra i paesi che hanno tagliato la produzione è stato il Governo di Riyad, determinato a riaccendere le quotazioni dell’oro nero dopo i problemi nel proprio bilancio. Il principale problema per riequilibrare il mercato rimane comunque la crescita della produzione statunitense, salita secondo i recenti calcoli dell’EIA (US Energy Information Administration) fino a 9,3 mln barile al giorno, +10% rispetto a inizio anno, e su massimi che non si registravano da agosto 2015. L’incremento della produzione e il ritorno degli imprenditori statunitensi di shale oil era già previsto da parecchio tempo osservando i dati pubblicati dal fornitore di servizi all’industria petrolifera Baker Hughes sul numero di trivelle attive negli Stati Uniti. Gli impianti di trivellazione di greggio sono saliti a 720, nuovo picco degli ultimi 2 anni (17 aprile 2015). Già nel mese di marzo il direttore generale dell’International Energy Agency allarmò su una possibile forte ritorno dei petrolieri USA sulla scia della flessione dei costi di produzione. Nel 2014 il punto di breakeven per gli imprenditori di shale oil era circa di 60 dollari al barile, sceso sotto i 40 dollari al barile nel 2016 e sotto i 30 dollari nel 2017 (un report di Rystad Energy fissa il costo di produzione di un barile di petrolio shale a 23,35 dollari contro i 9 dollari per il petrolio tradizionale di Arabia Saudita/Iran i 19 dollari di quello estratto in Russia e i 35 dollari di quello del Brasile).



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Prospettive e scenari
Nel breve il rally potrebbe continuare fino ai 55 dollari al barile se il meeting di Vienna dovesse mostrare un fronte molto unito tra paesi OPEC e non-OPEC. Discorso ben diverso se, nonostante il raggiungimento di un accordo sul taglio della produzione, la riunione dei ministri del petrolio dovesse evidenziare dei contrasti tra i vari paesi (concessioni per alcuni, lamentele di altri, …). Tra gli addetti ai lavori aumenterebbero notevolmente i dubbi sul rispetto dei target di produzione. Crediamo che in tale situazione nel giro di settimane siano elevate le possibilità di ritornare a testare i minimi di inizio maggio a 44 dollari circa. Uno scenario molto remoto di completo fallimento delle trattative potrebbe portare velocemente il petrolio ben sotto i 40 dollari al barile. Cambiando ottica di periodo, le nostre aspettative di medio/lungo termine rimangono ribassiste. I fondamentali sull’industria petrolifera non lasciano molti dubbi sui possibili scenari futuri. L’offerta è ancora troppo elevata (scorte di greggio sempre sui massimi) e la domanda rimane ancora troppo debole, spinta solamente dall’aumento di richieste dell’India ma con forti dubbi sull’andamento dell’economia in Cina.

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Filippo A. Diodovich, Market Strategist IG

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