Istat: Pil 2018 a +1,1% mentre nel 2019 previsto un +1,3%
Istat: Pil 2018 a +1,1% mentre nel 2019 previsto un +1,3%


L’Istat ha rilasciato il documento di prospettive per il 2018 e 2019, e le cose non sembrano andare così male. In uno scenario di progressivo rallentamento dell’attività economica, nel terzo trimestre 2018 il Pil italiano ha registrato, dopo tre anni di espansione, una crescita congiunturale nulla, che ha riflesso prevalentemente la fase di contrazione dell’attività industriale. Anche i più recenti dati sul commercio estero e gli ordinativi segnalano la persistenza di una fase di debolezza del ciclo economico che, secondo e l’indicatore anticipatore elaborato dall’Istat, è attesa estendersi anche al quarto trimestre. Nel 2018, il Pil è quindi atteso aumentare dell’1,1% supportato dall’espansione della domanda interna. I consumi delle famiglie, seppure in significativa decelerazione, e la spesa per investimenti forniranno un contributo positivo alla crescita. In un contesto caratterizzato da un rallentamento degli scambi internazionali e in particolare delle esportazioni, il contributo della domanda estera netta risulterebbe negativo (-0,2 punti percentuali). Nel 2019, il tasso di crescita del Pil è previsto pari all’1,3%, in lieve accelerazione rispetto al 2018, sostenuto ancora dal contributo positivo della domanda interna, che risentirebbe positivamente di alcune delle misure di politica fiscale contenute nella Legge di Bilancio come quelle di contrasto alla povertà e l’impulso agli investimenti pubblici. La domanda estera netta fornirebbe un contributo nullo alla crescita. Nel biennio di previsione, in un contesto caratterizzato da una stabilizzazione dei ritmi produttivi su livelli inferiori a quelli degli anni precedenti, il mercato del lavoro manterrà comunque una dinamica positiva con un ulteriore aumento dell’occupazione e una riduzione del tasso di disoccupazione, che rimarrà comunque significativamente superiore a quello dell’area euro. L’inflazione è prevista in accelerazione seppure con tassi di crescita inferiori a quelli dell’area euro.



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Consumi in accelerazione nel 2019
Nella prima parte del 2018, la crescita dei consumi delle famiglie è stata contraddistinta dal proseguimento della fase di moderazione avviatasi alla fine del 2017. Nel secondo trimestre la crescita congiunturale dei consumi delle famiglie sul territorio ha mostrato un rallentamento rispetto al trimestre precedente (+0,1% in T2 e +0,3% in T1) risentendo della caduta congiunturale che ha interessato la spesa in beni semidurevoli (-1,1% in T2 e +2,7% in T1). La decelerazione dei consumi del secondo trimestre è stata diffusa e ha coinvolto le principali economie dell’area euro, seppur con intensità differenti: la Francia ha segnato una diminuzione (-0,1% rispetto al trimestre precedente), mentre Germania e Spagna hanno mostrato una crescita simile all’Italia (+0,2% e +0,1% rispettivamente) anche se con un rallentamento di maggiore intensità rispetto al primo trimestre (+0,6% e +1,0% nell’ordine). I dati disponibili per Francia e Spagna riferiti a T3 mostrano maggiore vivacità (+0,4% la variazione congiunturale per entrambi i Paesi). Nel 2018, la spesa delle famiglie e delle ISP in termini reali è prevista in forte rallentamento (+0,9%) rispetto al 2017, per poi registrare un miglioramento nel 2019 (+1,2%) quando beneficerebbe anche degli effetti delle politiche di sostegno ai redditi delle famiglie previste dalla Legge di Bilancio. La propensione al risparmio è attesa aumentare progressivamente nel biennio di previsione. 

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Processo di accumulazione del capitale in lieve rallentamento
Seppure con una pausa nel primo trimestre del 2018, gli investimenti fissi lordi delle società non finanziarie hanno proseguito la fase di crescita. In T2 il tasso di investimento, misurato come la quota tra gli investimenti e il valore aggiunto, si è mantenuto vicino ai livelli massimi degli ultimi anni (21,9%) e anche gli investimenti sono aumentati rispetto al trimestre precedente (+2,6%). Nell’orizzonte di previsione, in presenza di una sostanziale vivacità degli investimenti dei mezzi di trasporto, quelli in macchinari registrerebbero un rallentamento legato sia al peggioramento delle aspettative sull’andamento del ciclo economico sia all’aumento del livello di incertezza economica e politica che potrebbe riflettersi negativamente anche sul mercato del credito. Nell’anno in corso, il processo di accumulazione del capitale è quindi atteso proseguire (+3,9%) guidato principalmente dagli investimenti in macchinari e in misura più contenuta dagli investimenti in costruzioni. La quota degli investimenti totali rispetto al Pil confermerebbe una tendenza all’aumento (dal 17,6% del 2017 al 18,1% del 2018), con una lieve riduzione del gap rispetto alla media europea (20,6% nel 2017 e 20,9% nel 2018). Nel 2019 gli investimenti fissi lordi sono previsti espandersi a un ritmo più contenuto (+3,2%) rispetto all’anno precedente, alimentati prevalentemente dagli investimenti in costruzioni, che risulterebbero influenzati positivamente dalle misure di politica fiscale previste dal governo, e con minore intensità dalla spesa in impianti, macchinari e armamenti e proprietà intellettuale.

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Scambi internazionali in moderata ripresa
Secondo i dati destagionalizzati e corretti per gli effetti di calendario della contabilità nazionale gli scambi con l’estero, dopo il forte aumento registrato lo scorso anno, nei primi sei mesi del 2018 hanno mostrato una flessione rispetto ai sei mesi precedenti e tassi di crescita inferiori alla media dell’area dell’euro. Nel primo semestre le importazioni e le esportazioni di beni e servizi hanno segnato un calo rispetto al semestre precedente (-1,1% e -1,6% rispettivamente). Il calo congiunturale delle esportazioni è stato particolarmente pronunciato nei primi tre mesi dell’anno (-2,4%) ed è stato più contenuto nel secondo trimestre (-0,1%). Tale tendenza è stata causata da fattori esogeni, quali l’indebolimento della domanda mondiale e la perdita di competitività di prezzo nei confronti di Stati Uniti e Cina. I dati relativi all’interscambio commerciale di beni segnalano invece per il terzo trimestre una lieve ripresa congiunturale delle esportazioni e un aumento delle importazioni. Nel complesso, si prevede che nel 2018, sia le esportazioni sia le importazioni di beni e servizi registrino una forte decelerazione rispetto all’anno precedente (+1,6% e +2,6% rispettivamente). Nel 2019, i flussi commerciali sono attesi mostrare una ripresa, nell’ipotesi che non si verifichi una escalation delle misure protezionistiche e che di conseguenza l’incertezza sui mercati internazionali si attenui. Le esportazioni, sostenute da un deprezzamento dell’euro in media d’anno e da un maggior dinamismo dei principali mercati di sbocco, aumenterebbero del 3,2% pur continuando a registrare un andamento meno vivace delle importazioni (+3,5%). Il saldo attivo della bilancia commerciale in percentuale del Pil è, quindi, previsto in entrambi gli anni in leggera diminuzione rispetto al 2017 (+2,6% e +2,5% rispettivamente nel 2018 e nel 2019).



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Mercato del lavoro in miglioramento
Nel corso del 2018, nell’area dell’euro è proseguita la fase di ripresa dell’occupazione e di riduzione della disoccupazione. Secondo le misure riportate dalla contabilità nazionale, nell’area dell’euro l’occupazione ha segnato un aumento congiunturale della stessa intensità nel primo e nel secondo trimestre (+0,4%). In base ai dati delle forze lavoro, nel periodo luglio-settembre il tasso di disoccupazione si è mantenuto stabile sul livello minimo degli ultimi anni (8,1%). L’evoluzione del mercato del lavoro italiano ha seguito quella dell’area euro. Nel secondo trimestre l’occupazione ha segnato un aumento congiunturale (+0,5%) che si è riflesso anche in termini di unità di lavoro (+0,4%). Secondo i dati di forze lavoro l’occupazione ha mantenuto un profilo positivo anche in T3, con un aumento del tasso di occupazione (+0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente). Nel corso dell’anno è proseguita anche la fase di riduzione della disoccupazione che in T3 ha raggiunto il 10%, diminuendo di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2017. Nel terzo trimestre anche i dati sulla domanda di lavoro da parte delle imprese manifestano un orientamento positivo. Il tasso dei posti vacanti, che misura la quota dei posti di lavoro per i quali è in corso la ricerca di personale, si è attestato all’1,0% nell’industria e all’1,1% nei servizi, gli stessi valori del trimestre precedente che corrispondono ai massimi degli ultimi anni. Nei prossimi mesi si prevede il proseguimento della fase di miglioramento del mercato del lavoro, ma con intensità più contenuta in linea con il progressivo rallentamento del ciclo economico. Nel biennio di previsione, l’occupazione, espressa in termini di unità di lavoro, è prevista crescere a un ritmo solo di poco inferiore a quello dell’output (+0,9%). Il miglioramento dell’occupazione sarà sostenuto dall’aumento delle unità di lavoro dipendenti. Nel periodo di previsione anche la disoccupazione è attesa ridursi. Nel 2018 il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi al 10,5% per poi diminuire ulteriormente nell’anno successivo (10,2%). L’aumento dell’occupazione e dell’attività economica comporteranno sia una crescita del monte salari sia un miglioramento delle retribuzioni per dipendente (+1,6% e +1,1% rispettivamente nel 2018 e nel 2019).




Inflazione in accelerazione trainata dalle componenti più volatili
Dalla fine della primavera l’inflazione al consumo ha registrato una netta accelerazione, che si è consolidata nei mesi estivi. La risalita è stata determinata essenzialmente da fattori di origine esterna connessi agli effetti diretti e indiretti degli aumenti dei costi degli input energetici, influenzati dalla ripresa delle quotazioni petrolifere internazionali e dal deprezzamento del cambio dell’euro. Un’ulteriore spinta al rialzo è derivata anche dai rincari dei beni alimentari. Lo scenario inflazionistico interno non ha segnalato, viceversa, mutamenti significativi rispetto al recente passato: le pressioni al rialzo originate dai fattori di costo endogeni sono, infatti, rimaste contenute, a fronte di un recupero moderato della dinamica retributiva e di una domanda di consumo stagnante. In base all’indice per l’intera collettività (NIC) la crescita tendenziale dei prezzi al consumo è salita dal +0,7% nel primo trimestre dell’anno al +1,5% nel terzo, attestandosi al +1,6% in ottobre. L’inflazione di fondo (calcolata escludendo alimentari freschi e energetici) non ha manifestato significativi segnali di ripresa (+0,7% nel terzo trimestre e in ottobre), a sintesi di una dinamica tendenziale in aumento per i servizi e di una fase tuttora deflativa per i beni industriali non energetici. L’evoluzione dei prezzi negli ultimi mesi non si discosterà significativamente dai ritmi attuali, con una crescita media del deflatore della spesa per consumi finali delle famiglie per il 2018 in linea con quella dell’anno precedente (+1,1%). Il deflatore del Pil segnerà un recupero (+1,3% l’incremento medio annuo) rispetto ai valori degli anni passati, incorporando gli effetti dei rinnovi contrattuali nella Pubblica amministrazione. Il prossimo anno la dinamica dei prezzi risentirà ancora di un apporto inflazionistico delle voci energetiche, in presenza di quotazioni petrolifere più elevate rispetto al 2018 e di un deprezzamento in media d’anno del cambio dell’euro rispetto al dollaro. Nel quadro di una dinamica retributiva positiva ma leggermente più contenuta rispetto all’anno precedente e di una domanda di consumo moderata, le determinanti interne dei costi forniranno un contributo alla crescita dei prezzi superiore in confronto al 2018. Il deflatore della spesa per consumi finali delle famiglie è previsto crescere in media del +1,3% nel 2019, due decimi in più rispetto all’anno precedente. L’incremento del deflatore del Pil è atteso confermarsi a +1,3%.


Incertezze dello scenario di previsione
Nell’attuale scenario di previsione si ipotizza il proseguimento della fase di politica monetaria accomodante e un conseguente effetto limitato dell’incertezza sui mercati finanziari e del credito. Sotto questa ipotesi i principali rischi al ribasso del quadro previsivo presentato sono legati prevalentemente all’inasprimento delle politiche sui dazi con una conseguente riduzione del commercio internazionale. Utilizzando il modello macroeconometrico dell’Istat, MeMo-It, rispetto alle variabili esogene specificate, per il 2019 si è quantificata l’ipotesi di un rallentamento più pronunciato del commercio mondiale derivante dall’inasprimento delle misure protezionistiche sui mercati internazionali e da un peggioramento delle condizioni di incertezza economico politica. Un rallentamento del commercio mondiale, pari a 0,8 punti percentuali rispetto allo scenario base determinerebbe una flessione sia dell'export (-0,8 punti percentuali) sia, in misura minore, dell'import (-0,3 punti percentuali), provocando un rallentamento della crescita del Pil pari a 0,1 punti percentuali.


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